Nota dell’Istituto nazionale di statistica
Presentato all’[[Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità]]
Roma, 6 dicembre 2023
L’Istat sin dal 1999 produce informazione statistica sulla disabilità e la diffonde attraverso un sito tematico interamente dedicato. La produzione di indicatori è finalizzata a documentare le principali dimensioni dell’inclusione sociale delle persone con disabilità, in particolare quelle richiamate nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (CDPD), ratificata dal nostro Paese il 30 marzo 2007. ==Attraverso gli indicatori prodotti, l’Istituto produce gran parte dell'informazione statistica necessaria per il monitoraggio del processo di inclusione previsto all'Art 31 della [[Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità]].==
Il presente contributo è finalizzato a fornire alcuni “fatti stilizzati” sulle condizioni di vita delle persone con disabilità nei diversi ambiti sociali ed economici, utili a ricostruire un quadro sullo stato del processo di inclusione e ==partecipazione sociale== di queste persone nel nostro Paese.
La stima della prevalenza delle persone con disabilità effettuata dall’Istat fa riferimento a due approcci: medico e bio-psicosociale. Il primo si riferisce alle persone con un deficit di salute grave certificato da una commissione medico-legale. Il secondo si basa sulla definizione dell’Onu che definisce la condizione di disabilità come il risultato negativo dell’interazione tra condizioni di salute individuali e l’ambiente di vita, in particolare ci si riferisce a persone che: “… presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”.
==Nel 2021, le persone con una certificazione o a cui è stata erogata una pensione o una indennità legata alla disabilità (approccio medico) sono 7 milioni e 658 mila, dei quali 455 mila sono minori, 2 milioni 958 mila hanno un’età compresa tra i 18 e i 64 anni, 4 milioni e 245 mila sono over 65-enni==. Come detto in precedenza, ==queste prevalenze si riferiscono a persone che hanno un deficit di salute certificato da una Commissione medico-legale.==
==Nel 2022, le persone che, a causa dell’interazione negativa tra condizioni di salute e ambiente di vita, non sono in grado di svolgere le normali attività (approccio bio-psicosociale) sono 2 milioni e 921 mila (1 milione 750 mila sono donne), il 4,9% della popolazione==, la prevalenza più elevata si registra in Sardegna (7,2%) e Umbria (7,1%), mentre Veneto (3,9%) e Trentino Alto-Adige (3,8%) sono le regioni che prevalenza minore in rapporto alla popolazione residente. Tale collettivo, che in seguito definiremo persone con disabilità, è frequentemente anziano, ==1 milione e 326 mila sono ultra settantacinquenni, e spesso vive in condizione di fragilità e solitudine==, infatti ==circa il 28,4% delle persone con disabilità vive da solo, il 55,4% lamenta cattive condizioni di salute e, tra gli adulti, l’86,5% soffre di almeno una malattia cronica grave==.
## Persone con disabilità istituzionalizzate
Le normative recenti, facendo seguito a quanto previsto dalla CDPD, promuovono sempre di più l’[[autodeterminazione]] della persona con disabilità nello scegliere il contesto abitativo e di vita. Anche in caso di istituzionalizzazione, si riconosce il diritto di essere inserito in un contesto abitativo e/o di convivenza più simile possibile all’ambiente familiare, in una prospettiva di maggiore autonomia possibile.
==Le persone con disabilità di età inferiore a 65 anni ospiti al 31 dicembre 2021 nelle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie sono poco più di 51mila e comprendono anche gli ospiti con una patologia psichiatrica==. ==I minori rappresentano il 6%== del totale mentre la quota più importante (94%) è costituita da persone con un’età compresa tra i 18 e i 64 anni. ==Prevale la componente maschile (pari al 60%== sia tra i minori sia tra gli adulti), è residuale invece la componente straniera (il 3% della popolazione con disabilità).
L’analisi dei tassi specifici per età evidenzia, invece, una prevalenza di stranieri tra i minori (15% dei minori, 3% degli adulti).
L’analisi per classe di età evidenzia come ==il ricorso all’istituzionalizzazione aumenti all’aumentare dell’età== e si concentri prevalentemente in età adulta, infatti, i==l 65% degli ospiti con disabilità ha un’età compresa tra i 45 e i 64 anni e il 24% tra i 25 e i 44==. La quota residuale si equi-distribuisce nelle altre classi di età con percentuali che si aggirano tra il due e il tre per cento.
Questa disomogeneità può essere spiegata da un diverso utilizzo della residenzialità nel corso della vita, infatti ==nelle fasce di età più giovani essa rappresenta una risposta alla necessità delle famiglie di vivere “periodi di sollievo” dall’attività di cura==. ==Con l’aumentare dell’età delle persone con disabilità, il ricorso ad un’assistenza di tipo residenziale si configura spesso come la sola alternativa, sia ad una rete familiare rarefatta dall’invecchiamento, in cui genitori ormai anziani o deceduti, sono impossibilitati a prendersi cura dell’adulto con disabilità, sia ad una mancanza o insufficienza di servizi territoriali a supporto di un [[progetto di vita]] indipendente==.
Le strutture che ospitano le persone con disabilità dovrebbero prediligere un contesto residenziale di accoglienza caratterizzato dalla piccola dimensione, in grado di ricreare una condizione di vita simile a quella familiare e dovrebbero rispondere nel modo più appropriato possibile ai bisogni specifici dei loro ospiti.
L’analisi del carattere della residenzialità delle strutture che ospitano persone con disabilità evidenzia come ==solo il 9% di essi viva in strutture di tipo familiare== mentre la maggioranza si trovi in strutture di tipo comunitario (91%). Se si affianca questa informazione con l’analisi per classi di posto letto si riscontra che ==gli ospiti con disabilità si trovano nel 13% dei casi in strutture residenziali con oltre 80 posti letto, un altro 10% in strutture che hanno tra i 46 e gli 80 posti letto, il 38% in strutture tra i 16 e i 45 posti letto==.
Il 75% degli ospiti con disabilità è presente in strutture di tipo socio-sanitario, con un livello di assistenza sanitaria medio-alto, che erogano trattamenti medico-sanitari estensivi o intensivi, pensati per persone in condizioni di non autosufficienza.
==Soltanto il 17%, si trova in strutture socio-educative di carattere professionale== dove poter portare avanti un progetto di sviluppo della propria autonomia lavorando non secondo l’approccio medico sul disturbo, ma sulle qualità funzionali, le capacità residue e i bisogni della persona.
==Il 18% delle persone con disabilità è però ospitato in strutture non adeguate==, almeno sulla carta, a rispondere alle specificità di questa utenza, infatti, sono strutture con servizi tarati su target di utenza prevalente diversi. ==Di questi utenti la quota più elevata è accolta in strutture dedicate agli anziani 67% (di cui il 61% in strutture per non autosufficienti e il 6% in strutture per anziani autosufficienti), mentre il 12% è ospitato in strutture per adulti con disagio sociale e un altro 6% in strutture per multiutenza==.
## Livello di istruzione
L’articolo 24 della Convenzione riconosce il diritto all’istruzione delle persone con disabilità come strumento per lo sviluppo delle loro potenzialità, come garanzia della loro dignità umana nonché come mezzo indispensabile per la loro autonomia individuale e la capacità di compiere scelte in condizioni di libertà e di pari opportunità. Per questo inalienabile diritto si osservano evidenti svantaggi in confronto al resto della popolazione: ==nella classe di età 25-44 anni, possiede almeno il diploma di scuola superiore il 55,7% delle persone con disabilità contro il 78,0% riscontrato tra le persone senza disabilità==; ==il 5,3% delle persone con disabilità non ha conseguito nessun titolo di studio, la percentuale scende all’0,8% nel resto della popolazione==.
## Condizione professionale
==La disoccupazione, come hanno sottolineato vari studiosi, comporta una significativa perdita di libertà ed è una delle cause principali di esclusione sociale==. Ciò avviene non soltanto perché dal reddito dipende la possibilità di condurre una vita indipendente e dignitosa, realizzando le proprie aspirazioni, ma anche perché ==l’assenza di lavoro può impoverire le relazioni umane e compromettere lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni sociali==. Dal punto di vista del diritto al lavoro, ==nella popolazione di 15-64 anni di età, solo il 33,5% è occupato, nel resto della popolazione di pari età la quota si attesta al 60,2%==; la quota delle persone in cerca di occupazione è pari al 18,7% contro il 12,9% che si riscontra tra le persone senza disabilità. Il dato sulla disoccupazione nasconde un altro problema grave che possiamo definire effetto scoraggiamento, che si concretizza nella mancata ricerca di un posto di lavoro.
Rispetto alla posizione nella professione si evidenzia che tra i lavoratori con disabilità una presenza più massiccia tra le posizioni intermedie (37,5% vs 36,5% osservato nel resto della popolazione) e tra i lavoratori in proprio o coadiuvanti (il 13,6% contro il 11,1%); meno frequentemente ricoprono posizioni apicali il 15,6% vs 18,3% del resto della popolazione.
## Condizioni economiche
Le condizioni economiche delle famiglie con una persona con disabilità risentono dei costi elevati per la cura e l’assistenza, ma anche dello svantaggio nella produzione del reddito, a causa della difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e dei vincoli legati alla conciliazione tra lavoro e attività di cura dei componenti della famiglia. La combinazione di redditi mediamente inferiori e spese incomprimibili mediamente maggiori determina un significativo peggioramento delle condizioni di vita di queste famiglie.
Nel 2022, l’indicatore complessivo relativo al rischio di povertà o esclusione sociale mette in evidenza il maggior disagio delle famiglie con disabili: il 28,4% di esse è in questa condizione, mentre il dato medio nazionale è fissato al 23,4%. Il 10,9% delle famiglie con almeno una persona con disabilità vive in condizione di severa deprivazione materiale e sociale, nel resto della popolazione la quota si attesta al 4,3%. Il 38,4% delle famiglie al cui interno vive una persona con disabilità sperimenta bassa intensità lavorativa, nel resto delle famiglie la percentuale scende al 9,1%.
## Spesa per assistenza
Nel 2021, il nostro Paese ha impegnato per l’assistenza alle persone con disabilità circa 30 miliardi di euro (1,7% del Pil, 2,1% in media Ue27). Il confronto con gli altri Paese dell’Unione europea mette in luce che, in termini pro-capite, l’Italia si colloca circa a metà della graduatoria dei Paesi Ue27.
Nel complesso, il nostro Paese impegna per questa funzione il 5,3% del totale della spesa per la protezione sociale, contro il 7,8% della media Ue27; il 94,5% della spesa per la disabilità è erogata attraverso trasferimenti economici (dei quali il 77,6% sottoposto alla prova dei mezzi), mentre in media nell’Ue27 tale quota scende all’86,8% (73,5% sottoposto alla prova dei mezzi); ciò conferma la tendenza del nostro sistema di protezione sociale a privilegiare questa tipologia di aiuti rispetto all’erogazione di servizi alla persona.
La spesa sociale in favore delle persone con disabilità erogata dai Comuni, ammonta nel 2020 a 1 miliardo e 963 milioni, registrando una diminuzione del 5,9% rispetto all’anno precedente. Per questa funzione i Comuni impegnano un quarto del totale della spesa sociale. Dal 2012 al 2019 la spesa per gli interventi e i servizi sociali rivolti ai disabili è aumentata ad un tasso medio annuo del 3,3%, passando dal 24,3% al 27,7% della spesa sociale complessiva. Il calo registrato nel 2020 è dovuto principalmente alla riduzione della spesa impegnata per la gestione dei centri diurni, sia comunali che in convenzione, che accolgono i disabili durante il giorno e offrono interventi di sostegno, socializzazione e recupero, alleviando anche i familiari dalle attività di cura. Tale dinamica è stata in gran parte imputabile all’emergenza sanitaria da Covid-19, che ha limitato la possibilità di fruire delle strutture nel corso dell’anno Oltre ai centri diurni, per i quali i Comuni hanno speso 341 milioni di euro nel 2020, le spese socio-assistenziali dei Comuni per i disabili sono rivolte alle strutture residenziali (398 milioni di euro), all’assistenza domiciliare (313 milioni di euro) e ad altri tipi di servizi (911 milioni di euro).
## Accessibilità
L’accessibilità dei luoghi e la capacità di spostarsi sono riconosciuti come diritti irrinunciabili e più volte richiamati negli articoli della Convenzioni Onu. Le persone di 15 anni e più con gravi limitazioni motorie, secondo i dati raccolti attraverso le indagini campionarie dell’Istat, sono un milione e centomila dei quali 857 mila di età superiore a 65 anni.
In generale, tra le persone con disabilità, si riscontrano significative difficoltà relativamente alla mobilità, come testimonia il fatto che il 20,8% non riesce a uscire di casa quando vuole o quando ne ha necessità, il 26,3% esce di casa con molta difficoltà. Nella classe di età 18-44 anni il 56,3% utilizza la macchina come conducente, nel resto della popolazione la quota si attesta all’80,9%. Il 29,8% non è in grado di utilizzare i trasporti pubblici (autobus, treno, pullman, taxi, ecc.) quando vuole o quando ne ha necessità, il 17,5% lo fa con molta difficoltà. Anche l’accessibilità degli ambienti risulta problematica, infatti il 18,9% non riesce ad accedere agli edifici quando vuole o quando ne ha necessità, spostarsi liberamente al loro interno o utilizzarne i servizi, il 25,8% ci riesce ma con molta difficoltà.
Un altro tema rilevante è quello dell’accessibilità ai servizi di pubblica utilità, il 23,5% delle persone con disabilità ricorrono agli uffici comunali, nel resto della popolazione la quota sale al 30,6%. Sono il 39,3% le persone con disabilità che fanno ricorso agli uffici postali, mentre nel resto della popolazione la quota sale al 58,9%. Riescono ad usufruire dei servizi bancari il 27,8% delle persone con disabilità, nel resto della popolazione la quota raggiunge il 43,5%.
## Accessibilità nelle scuole (barriere e facilitatori della comunicazione)
Nell’anno scolastico 2021-2022 nelle scuole sono ancora presenti molte barriere fisiche: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. La situazione è migliore nel Nord del Paese dove i valori sono superiori alla media nazionale (39,5% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (31,8%). La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta con il 58,4% di scuole accessibili, di contro la Provincia autonoma di Bolzano si distingue per la presenza più elevata di barriere fisiche (soltanto il 19% di scuole accessibili).
L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresenta la barriera più diffusa (45%). Numerose anche le scuole sprovviste di servoscala interno (31%) o di bagni a norma (24%). All’interno degli edifici, invece, raramente le scale o le porte non sono a norma (rispettivamente 6% e 3 % dei casi).
L’accessibilità degli spazi dipende anche la presenza di ausili senso-percettivi destinati all’orientamento degli alunni con disabilità sensoriali all’interno del plesso scolastico: solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5%vii delle scuole. La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud.
Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 19% delle scuole ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche, mentre il 17% dichiara di non averlo fatto anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno.
La tecnologia può svolgere un’importante funzione di “facilitatore” nel processo d’inclusione scolastica, supportando l’alunno nella didattica e aumentando i livelli di comprensione. Il bisogno di questi strumenti non risulta sempre soddisfatto. Più di una scuola su cinque ha un’insufficiente dotazione di postazioni informatiche adattate. Questa carenza aumenta nel Mezzogiorno dove una scuola su tre segnala tale problematica. Tra gli ordini scolastici, risulta più sprovvista la scuola primaria (con il 28% delle scuole con postazioni insufficienti).
Per favorire la didattica inclusiva è importante che le postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità vengano collocate all’interno della classe. Il loro posizionamento in ambienti esterni può infatti ostacolarne l’utilizzo quotidiano come facilitatore per la didattica insieme al gruppo dei coetanei. Tra le scuole che dispongono di postazioni informatiche, la collocazione in classe si registra nel 47% dei casi, quota che scende nel Mezzogiorno con punte minime in Puglia (36%). Il rimanente 53% dei plessi scolastici dispone di queste tecnologie solo in ambienti esterni (laboratori o aule per il sostegno). Negli ultimi quattro anni si osserva però un discreto miglioramento: le scuole dotate di postazioni in classe sono passate dal 37% al 47%.
## Accessibilità musei
Non tutti i luoghi italiani della cultura sono in grado di offrire la piena accessibilità degli spazi e la completa fruibilità dei servizi agli utenti disabili.
Nonostante i significativi progressi realizzati per promuovere la cultura dell’accessibilità del patrimonio culturale, molte istituzioni non hanno ancora rimosso le barriere che compromettono la libertà di accesso a tutti agli spazi espositivi; ancora meno hanno affrontato il tema delle barriere percettive, culturali e cognitive che limitano o impediscono la fruizione culturale da parte dei visitatori con disabilità di tipo cognitivo, visivo o uditivo.
In base ai dati rilevati, nel 2021 quasi sette musei su 10 (67,7%) mettono a disposizione del pubblico servizi igienici attrezzati per persone con disabilità, presenti nel 72,8% dei musei a titolarità pubblica e nel 58% di quelli a titolarità privata. Il 61,6% è inoltre dotato di strutture per superare eventuali barriere architettoniche come rampe, cunei o scivoli, ascensori o piattaforme elevatrici (il 64,5% delle strutture pubbliche contro il 56,1% di quelle a titolarità privata). Solo poco più di un terzo degli spazi espositivi (35,1%) è dotato di pavimenti antiscivolo o antiriflesso.
Nei musei delle città metropolitane gli spazi attrezzati con dispositivi volti a favorire la fruizione anche per i visitatori con disabilità motoria sono più diffusi: il 78,9% delle strutture museali è dotato di servizi igienici a norma e il 74,1% di rampe e/o ascensori.
Dal punto di vista dei supporti alla visita, meno della metà dei musei censiti (45,6%) rende disponibili informazioni sugli spazi e sul patrimonio attraverso una segnaletica chiara e leggibile, adeguata alle esigenze delle persone che hanno difficoltà nella lettura. Meno frequente il ricorso a strumenti di facilitazione del percorso e della fruibilità degli ambienti di visita in particolare a persone non vedenti e ipovedenti, quali mappe tattili orientative o carte con disegni a rilievo podotattili (presenti rispettivamente nel 7,7% e 9,5% dei musei). Decisamente poco diffuso l’utilizzo di video nella lingua italiana dei segni dedicati al pubblico di visitatori sordi (4,4% dei musei), o di mappe e percorsi rivolti a persone con difficoltà nella comunicazione verbale (presenti soltanto nell’1,7% delle strutture espositive).
Solo una quota minoritaria di musei e istituti similari fornisce assistenza o visite guidate dedicate: un museo su 10 organizza percorsi e programmi di visita specificamente pensati per chi ha disabilità cognitive (10,8%) o mette a disposizione un assistente che accompagni durante la visita le persone con disabilità visive, cognitive e di comunicazione (10%).
Nelle città metropolitane la quota di strutture che offrono questo tipo di servizio è circa il doppio, ma resta comunque intorno al 20% (rispettivamente 21,3% e 20%).
Complessivamente, negli ultimi 10 anni è significativamente aumentato il numero di strutture museali che hanno adeguato i propri spazi per renderli a misura di tutti. Tra il 2011 e il 2021 sono più che raddoppiate, dal 34,8% al 75,7, quelle in grado di offrire dotazioni e assistenza al visitatore con disabilità (rampe, elevatori, bagni attrezzati, accompagnatore, assistenza durante la visita, ecc.).
Sono ancora pochi i musei coinvolti in progetti di inclusione, anche in collaborazione con altri istituzioni culturali, associazioni, scuole o enti: solo il 18,9% ha attivato progetti destinati a persone con disabilità sensoriale, emotiva o con disturbi cognitivi. Il 12,2% ha realizzato progetti rivolti a persone che vivono in povertà economica, educativa o culturale, l’8,7% si è rivolta a cittadini immigrati e infine il 3% a detenuti o persone che vivono in “casa famiglia”.
## Accessibilità biblioteche
Il 65,5% delle biblioteche ha installato attrezzature adeguate a superare eventuali dislivelli e consentire l’accesso fisico alla struttura, il 65,1% è dotato di servizi igienici a norma mentre solo il 33,7% dispone di pavimenti antiscivolo o anti riflesso.
L’accesso e la fruizione dei servizi in condizioni di sicurezza e di autonomia sono garantiti più nelle biblioteche a titolarità pubblica che in quelle private: è dotato di servizi igienici a norma il 69,1% delle biblioteche pubbliche contro il 49,5% di quelle a titolarità privata mentre la disponibilità di rampe, scivoli o ascensori è garantita nel 67,1% delle biblioteche pubbliche e nel 59,3% di quelle private.
Solo il 35,9% delle biblioteche rende disponibili le informazioni sugli spazi e sul patrimonio attraverso una segnaletica adatta per coloro che hanno difficoltà nella lettura, il 26,6% offre postazioni per la consultazione dei libri attrezzate per accogliere persone con disabilità motoria, il 4,0% assicura mappe di orientamento degli ambienti comuni e l’1,2% percorsi tattili degli spazi per le persone con difficoltà visive. Se sono discretamente diffuse le biblioteche il cui patrimonio documentale offre anche libri in formati speciali, più rare le strutture in cui sono presenti supporti specifici per le persone con disabilità cognitive. Su 10 biblioteche quattro (il 43,7%) possiedono infatti documenti e libri idonei per chi ha difficoltà nella lettura (braille, libri e giornali parlati, audiolibri, documenti a grandi caratteri, documenti tattili, videocassette e DVD, e-book, documenti digitali) ma solo il 26,1% dispone di documenti e libri dedicati a persone con disabilità cognitive come la sindrome dello spettro autistico, l’Alzheimer o con altre disabilità intellettive.
Le biblioteche che hanno attivato collaborazioni con enti terzi, realizzando progetti di inclusione destinati a persone con disabilità fisico-sensoriale, emotiva o con disturbi cognitivi sono il 13,1%. In generale, la quota di biblioteche attrezzate per offrire una adeguata accoglienza alle persone con disabilità è più elevata nei comuni a densità intermedia di popolazione, dove si registrano i valori più alti per tutti gli indicatori considerati.
## Partecipazione sociale e culturale
L’art. 30 della CDPD impegna gli Stati membri a rimuovere ogni ostacolo a una partecipazione piena e attiva anche alla vita culturale e artistica delle persone con limitazioni, di ogni età, e condizione economica. Una ricca vita culturale può avere impatti significativi sulla soddisfazione delle persone per la vita nel suo complesso. L’effetto positivo della partecipazione culturale sulle persone con limitazioni gravi è rilevante. Infatti, tra coloro che, nonostante gravi disabilità, sono attivi nell’andare al cinema, al teatro, ai concerti o a frequentare luoghi del patrimonio, una persona su tre si dichiara molto soddisfatta della vita. Questa quota è più alta di 15 punti percentuali rispetto a quella delle persone con limitazioni che non prendono parte alla vita culturale. Nel resto della popolazione, la differenza si ferma a 9,1 punti percentuali, tra il 50,1% dei culturalmente attivi che si dichiarano molto soddisfatti per la propria vita e il 41,9% che non prende parte alla vita culturale, ma è ugualmente molto soddisfatto.
Tuttavia, la partecipazione culturale delle persone con disabilità è molto limitata, infatti sol l’8,1% delle persone con disabilità nel corso dell’anno svolge tre o più attività di partecipazione culturale sul totale delle persone di 14 anni e più. Lo svantaggio rispetto al resto della popolazione è molto evidente, infatti sono il 28,9% delle persone a svolgere le attività considerate.
Anche la partecipazione sociale è abbastanza ridotta tra le persone con disabilità, infatti solo l’8,3% delle persone con disabilità partecipa a riunioni di associazioni (culturali/ricreative, ecologiche, diritti civili, per la pace), o di organizzazioni sindacali, o di associazioni professionali/di categoria, o di partiti politici o svolgimento di attività gratuita per un partito, o pagamento di una retta mensile o periodica per un circolo/club sportivo. Nel resto della popolazione tali attività vengono svolte dal 24,5% delle persone.
Il quadro di sintesi presentato mette in luce che esistono ancora significativi svantaggi delle persone con disabilità rispetto al resto della popolazione. Queste evidenze consentono di affermare che gli strumenti messi in campo non hanno ottenuto i risultati attesi, ma hanno solo attenuato le differenze o impedito che queste si amplificassero. Le politiche di welfare, attuate in larga parte attraverso trasferimenti monetari, hanno ridotto il rischio di povertà delle famiglie, ma non hanno risolto il problema della deprivazione materiale di cui soffrono le persone con disabilità. Le politiche di inclusione lavorativa sono state ispirate al principio della valorizzazione delle capacità degli individui, anche con lo scopo di favorire la dignità della persona e il diritto all’indipendenza economica e all’autonomia, tuttavia i livelli occupazionali sono ancora molto al di sotto della media nazionale e spesso i lavoratori con disabilità vengono relegati a svolgere mansioni secondarie. Anche nella partecipazione culturale le persone con disabilità incontrano numerosi ostacoli dovuti alle barriere o all’assenza di facilitatori che permettano l’adeguata fruizione di spettacoli, mostre e l’accessibilità a luoghi come le biblioteche.